Stefano Zanarini
Assessore Politiche Sociali
Comune di Monte San Pietro
Presentazione
Ho avuto la fortuna di conoscere e di essere molto vicino a tante persone, che mi hanno dato tanti stimoli, fin da piccolo. Persone appassionate all’approfondimento di quello che ci accadeva intorno… la genesi, il fulcro, la sostanza… noi parliamo di impegno sociale, di fatto si tratta di guardare cosa succede intorno a noi, di vedere cosa va bene e cosa non va bene… se vedo il problema, e non lo considero solo di qualcun altro, il passaggio successivo è trovare insieme una soluzione, e questa è la politica, nel senso greco del termine.
Stefano Zanarini nasce il 19 maggio 1992 a Bologna, figlio unico di una famiglia da poco trasferita a Monte San Giovanni, “una frazione di Monte San Pietro che ha proprio la dimensione del paese, una misura che ho sempre sentito e apprezzato molto”.
La famiglia del babbo è originaria dell’appennino bolognese, quella della mamma invece della pianura.
Due nonne, oltre ai genitori, sono le figure importanti della famiglia. “Entrambe vedove, avevano dovuto sostenere loro le proprie famiglie… Lavoravano entrambe, facendo un po’ di tutto… Grazie a loro sono cresciuto con un’idea molto normale del lavoro delle donne. Per me era strano quando qualche mio amico mi diceva che la mamma non lavorava. Anche mia mamma ha sempre lavorato, da quando, a diciannove anni, ha perso suo padre. Era abituale per me che una donna lavorasse; caso mai l’anormalità era il contrario”.
Una passione per la storia sedimenta in Stefano racconti di resistenza, in parte vissuti direttamente dalle famiglie di provenienza… “ricordo di un parente di mia madre, che suonava nella banda dei Vigili del Fuoco, e dovette bere olio di ricino e patire minacce nei confronti delle figlie ancora piccole, perché si era rifiutato di suonare per i fascisti… e storie di soldati tedeschi che avevano vissuto nella casa dei miei nonni materni e di bande di partigiani in montagna, nei boschi dove vivevano i nonni paterni”…, in parte memoria comune del territorio, che i genitori rafforzano, pur non praticando una politica attiva, con il pellegrinaggio rituale del 25 aprile a Monte Sole.
“Ho capito solo dopo la valenza di questi racconti. Per me erano racconti familiari, che all’epoca non avevano un valore politico. Mentre invece è molto politica la mia formazione, nel periodo scolastico e universitario. Da lì partono gran parte delle mie esperienze, oltre che dall’attività parrocchiale, nella parrocchia di San Giovanni, che è stato per me un luogo di aggregazione sociale molto importante, nel quale ho cominciato a fare volontariato, soprattutto con i giovani del dopo-cresima, e dove ho avuto molti esempi di persone liberamente e gratuitamente disponibili a dedicare agli altri tempo e competenze – soprattutto il parroco, Don Giuseppe Salicini – e a fare comunità, creando occasioni per stimolare le relazioni tra persone che spesso, partendo da qui la mattina, e tornando alla sera, non si conoscono quasi”.
La dimensione sociale di Stefano cresce, “naturalmente” con la frequentazione, fin da piccolissimo, dei luoghi comuni e pubblici dell’educazione e della formazione. Asilo nido a Calderino, scuola dell’infanzia e scuola primaria a Monte San Giovanni, medie a Calderino.
“Ho avuto la fortuna di conoscere e di essere molto vicino a tante persone, che mi hanno dato tanti stimoli, fin da piccolo. Persone appassionate all’approfondimento di quello che ci accadeva intorno… la genesi, il fulcro, la sostanza… noi parliamo di impegno sociale, di fatto si tratta di guardare cosa succede intorno a noi, di vedere cosa va bene e cosa non va bene… se vedo il problema, e non lo considero solo di qualcun altro, il passaggio successivo è trovare insieme una soluzione, e questa è la politica, nel senso greco del termine. Alle elementari queste persone sono state in particolare le mie maestre, Nadia e Maria. Sono loro che mi hanno insegnato Bella Ciao e l’inno di Mameli, che mi hanno appassionato alla storia. La storia come magistra vitae. Sono stato sempre curioso del passato, ma sono state loro le prime a stimolare la connessione tra il fatto storico e le indicazioni sull’oggi… a quel momento questa connessione era un passaggio implicito, naturale, non cosciente… la presa di coscienza è avvenuta poi, ma la sua radice era già tutta lì”.
Liceo Da Vinci a Casalecchio di Reno, indirizzo matematica e informatica. E anche qui alcune figure molto importanti.
“Ho avuto la fortuna di avere splendide docenti di storia e di filosofia, tutti gli anni della mia frequenza… ricordo la professoressa Panieri e il professor Bersini, da cui ho appreso il ragionamento critico, la necessità, e la possibilità, di porsi sempre delle domande… che è poi diventato anche un mio difetto… quello di sentire di non avere mai approfondito abbastanza… Se fosse per me approfondirei all’infinito, prima di esprimermi e di agire… prassi che fa a pugni con la realtà e il tempo, che non aspettano… Ci sono tante cose da fare e tanti temi importanti da affrontare, in un tempo limitato… e la professoressa Quarenghi e il suo attivismo sociale, in particolare per avermi fatto conoscere l’ANPI”.
Ma gli anni del Liceo sono soprattutto gli anni dell’attivismo politico che comincia con la partecipazione alle assemblee di istituto e alle prime occupazioni, si consolida nel 2008 con l’adesione alla mobilitazione contro la riforma Gelmini, per diventare vera e propria militanza all’interno della Rete degli studenti medi della quale Stefano contribuisce, insieme ad altri, a fondare la sezione di Bologna.
“Le assemblee di istituto sono state la prima occasione per me di passare dalla politica della visione del telegiornale a quella delle discussioni. È lì che ho riconnesso per la prima volta i racconti che avevo sentito in famiglia. Lì ho conosciuto i primi rappresentanti, di classe e di istituto, persone che dedicavano gran parte della propria giornata al volontariato politico. Lì ho cominciato a vedere le cose da un punto di vista più complesso rispetto a quello che avevo a quel momento per questioni di età, di formazione e di contesto nel quale avevo vissuto. Via via, la mia partecipazione… prima come piccolo che ascolta, poi come persona informata dei fatti, poi nel volantinaggio, poi come rappresentante di istituto, poi nell’associazionismo studentesco, poi come animatore di cortei… mi ha reso sempre più consapevole della complessità delle situazioni e dell’importanza di fare sintesi, attraverso il dialogo, tra istanze diverse. Grazie a questa esperienza mi sono reso conto di quanto sia necessario rappresentare e organizzare i bisogni, di quanto poco si faccia e di quanto il sentimento di non avere né rappresentatività né rappresentanza alimenti la disgregazione. Nelle tante, complesse dinamiche del movimento studentesco, che ho vissuto negli anni del Liceo, ho capito che essere un’organizzazione unita, capace di mantenere le differenze al proprio interno, di rappresentare i diversi bisogni attraverso la protesta, ma anche di passare dalla protesta alla proposta di soluzioni, è l’unica strada per poter essere significativi. Un’aspirazione che purtroppo, nel movimento studentesco di quegli anni, non si è avverata”.
Per Stefano queste considerazioni sono alla base della decisione di iscriversi, all’età di diciassette anni, al Partito Democratico. La pratica di partito si presenta come l’opportunità di partecipare a un dibattito in grado di tenere insieme la complessità di molte diverse posizioni. Non è l’adesione a una dimensione identitaria, ma a una realtà capace di costruire soluzioni credibili e praticabili, assumendosi l’onere della proposta. “Era la forma che rispondeva al bisogno che sentivo. Mi iscrivo al PD e continuo, fuori da ogni appartenenza partitica, il mio percorso all’interno delle associazioni studentesche… senza interrompere, in tutto questo, l’attività di educatore nella parrocchia di Monte San Giovanni”.
Finito il Liceo Stefano si iscrive a Bologna al corso di laurea triennale in Antropologia, religioni, civiltà orientali della facoltà di Lettere e Beni culturali.
È, di nuovo, un’occasione di formazione politica. Stefano partecipa attivamente alla costituzione della Rete degli universitari, un’associazione che persegue gli obiettivi di creare occasioni di dibattito e di crescita studentesca e di promuovere aggregazione e rappresentanza. Per due volte si candida come rappresentante degli studenti alle elezioni universitarie e per due volte viene eletto, entrando in tal modo nel Consiglio degli Studenti di Ateneo e in una serie di organi minori.
“Altre figure di riferimento le ho incontrate durante il periodo universitario. Sono riuscito a entrare in contatto con persone che hanno dedicato la vita all’impegno politico e istituzionale. Rettori, prorettori, sindacalisti, persone che considero fondamentali nella mia formazione. Sono stato molto fortunato. Non si è trattato solo di persone, ma anche di tempi che ho avuto l’opportunità di vivere”.
Conclusa la triennale con una tesi su lavoro, migranti e sindacati nell’aeroporto-interporto di Bologna, Stefano si iscrive al corso di laurea specialistico in Progettazione e gestione dell’intervento educativo nel disagio sociale, durante il quale conosce molto direttamente ASC InSieme, svolgendovi un tirocinio formativo.
“È stato nel 2017, all’interno dell’Area Minori e Famiglie sotto la supervisione di Angela Pezzotti che è stata per me un’altra delle figure che hanno contribuito alla mia formazione politica e professionale. In lei ho visto la determinazione e la serietà di chi non si ferma mai, la capacità di affrontare le questioni con un’attenzione costante e la professionalità di saper mantenere la leggerezza anche nelle situazioni più pesanti”.
Negli anni 2017-2018 Stefano è volontario per il Servizio Civile nazionale presso il Villaggio del fanciullo di Bologna dove si impegna in un progetto di avvio di un Centro giovanile per giovani della Cirenaica.
Nel frattempo Stefano lavora. Vari lavoretti durante gli studi universitari. Dal 2018 ai primi mesi del 2020 come responsabile dei Servizi Pasti domiciliari e Trasporto della cooperativa B I Quattro Castelli, dal 2019 come educatore di comunità.
Sotto il profilo amministrativo, la prima candidatura di Stefano è alle elezioni del 2014 dove viene eletto come Consigliere. “Durante quella campagna elettorale, e nei cinque anni di legislatura che sono seguiti, ho imparato tanto dal Sindaco Rizzoli, soprattutto sul senso delle istituzioni e sul concetto di interesse pubblico. Lui aveva sessantaquattro anni, io ventuno. C’erano le dovute differenze di punti di vista, ma per me è stato un esempio importantissimo di integrità e di impegno, la persona che mi ha fatto capire quanto il lavoro amministrativo sia complesso e delicato”.
Ricandidatosi alle elezioni del 2019 Stefano viene rieletto e nominato Vicesindaco e Assessore con deleghe alle Politiche Educative e Sociali, allo Sport e alla Comunicazione.
“Ho sempre inteso la politica come servizio e come opportunità. Nel mio ruolo ho la possibilità di essere parte di ragionamenti e di decisioni che cercano di risolvere i problemi. Non ci vedo un altro senso. Poi è chiaro che l’agency porta con sé anche degli elementi negativi, ma il principio che spero di non perdere mai è questo”.
Oggi Stefano vive con i genitori a Monte San Giovanni e lavora come educatore a Bologna, in una comunità per nuclei mamma bambino.
Autovalutazione
Credo che i problemi da risolvere siano tanti e difficili. Cerco di mettere tutto l’impegno possibile nel raggiungere la migliore tra le soluzioni praticabili. Questo sento di riuscire a farlo. Poi, chiaramente, su tante situazioni complesse, ho ancora tantissimo da imparare e da comprendere.
Quanto senti politicamente di riuscire a mantenere e consolidare relazioni?
“Credo che sia una cosa molto importante. È uno dei bisogni che sento di più e una delle cose che cerco di fare al meglio, ma a cui so di non dedicare abbastanza tempo, perché le cose da fare dal punto di vista tecnico-amministrativo sono sempre tantissime”.
Quanto senti politicamente di riuscire a gestire conflitti?
“Cerco sempre di gestire i conflitti facendo sintesi tra le posizioni differenti. È una cosa che mi appartiene, anche caratterialmente. Non dipende dal ruolo che mi è attribuito, ma è una cosa che penso sia importante perseguire a prescindere. In politica penso che i conflitti siano sani quando ci si ascolta, permettendoci l’un l’altro di far emergere opinioni ed esigenze differenti. Il pubblico è quel valore aggiunto che tiene insieme le esigenze differenti, impedendo che il loro confliggere diventi prevaricazione delle une sulle altre”.
Quanto senti politicamente di riuscire a comunicare?
“Chi mi conosce dice che sono un buon comunicatore, io non sono d’accordo. Il bisogno che sento è quello comunicare la complessità delle situazioni. È qualcosa di cui sento al tempo stesso la necessità e la difficoltà. Un’altra cosa che mi sembra importante è trovare un linguaggio in grado di tradurre in modo sostanziale quello che la comunicazione burocratica, tipica della pubblica amministrazione, spesso non riesce a far comprendere se non agli addetti ai lavori”.
Quanto senti politicamente di riuscire a risolvere problemi?
“Credo che i problemi da risolvere siano tanti e difficili. Cerco di mettere tutto l’impegno possibile nel raggiungere la migliore tra le soluzioni praticabili. Questo sento di riuscire a farlo. Poi, chiaramente, su tante situazioni complesse, ho ancora tantissimo da imparare e da comprendere”.
Quanto peso politico senti di avere?
“Penso che il peso politico derivi dalle effettive conoscenze e competenze sulle diverse questioni e che sia proporzionato al contributo che è possibile dare per affrontarle. Su alcune credo di poter dare un contributo effettivo, su altre no. Quello che ho riscontrato, sia a livello di Giunta, sia a livello di Unione dei Comuni, è che esiste una bella unicità di intenti nel cercare soluzioni che migliorino i Servizi del nostro territorio”.
Quanta leadership senti di avere?
“Mi sento ascoltato e penso che le mie idee trovino il giusto spazio negli organi collettivi di cui faccio parte, ma collego anche la leadership alla capacità di ascoltare e di partecipare a una discussione collettiva. A prescindere dai ruoli, che, a mio parere, vengono dopo, e che è anche importante saper gestire, considerando i vincoli ai quali sono sottoposti, che nel lavoro amministrativo sono la parte preponderante degli ostacoli che dobbiamo affrontare quotidianamente”.
Riflessione
Qual è la tua idea di sovracomunalità?
“Penso che sia fondamentale che l’ente pubblico sia il più vicino possibile alla cittadinanza. La sovracomunalità di certe istituzioni permette di migliorare i Servizi abbassandone i costi e aumentandone quantità e qualità. Sono convinto che la scelta di istituire ASC InSieme, per esempio, abbia determinato una risposta esponenzialmente maggiore rispetto a quella di ogni singolo Comune. Inoltre, la realtà che viviamo è sovracomunale. Quello che amministrativamente è un confine molto rigido, fatto di burocrazie, di competenze, di contratti, ecc., nella realtà quotidiana del cittadino e della cittadina non esiste. Ragionare insieme risponde di più alla vita delle singole persone”.
Qual è la tua idea di sussidiarietà?
“Penso che la sussidiarietà risponda al principio pratico del fatto che chi ha qualcosa lo possa e lo debba mettere al servizio della collettività. È un principio di avvicinamento. E non dico niente di più di quello che è scritto nella nostra Costituzione dove all’articolo 118 si può leggere che ‘Stato, Regioni, Province, Città Metropolitane e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio della sussidiarietà’. Quello su cui come amministratori dobbiamo vigilare è che la sussidiarietà non diventi di impedimento allo sviluppo dell’empowerment individuale, che anzi dovrebbe essere la sua conseguenza. Quindi: non lasciare indietro nessuno, ma al tempo stesso fare in modo che ognuno si doti di strumenti con i quali co-costruire la risposta ai propri bisogni”.
Qual è la tua idea di solidarietà?
“La solidarietà è un bene prezioso che sui nostri territori abbonda. Nell’affidarvisi troppo vedo tuttavia un rischio. Su due fronti: quando rimane troppo a lungo necessaria, perché non ci sono alternative; quando sfugge al governo che il pubblico dovrebbe garantire, finendo per divenire un coacervo ingestibile di sensibilità e di dinamiche molto personali. Penso che la sfida sia quella di ragionare come comunità per trovare il modo migliore per espandere la capacità di tanta solidarietà esistente e raggiungere il maggior numero di persone”.
Qual è la tua idea di omogeneità?
“Non abbiamo bisogno di servizi omogenei, abbiamo bisogno di opportunità omogenee, che non sono necessariamente la stessa cosa. Si tratta di approfondire le diverse questioni. Partendo dai bisogni – che sono sicuramente diversi e mai omogenei – devono essere garantiti pari diritti e pari opportunità di accesso alle soluzioni adottate per rispondervi. Penso che i Servizi debbano realizzare questo principio. Il metro è la risposta al bisogno. Su come realizzare quel principio, andiamo poi a vedere quali Servizi è importante che siano omogenei e quali specifici per le diverse realtà territoriali”.
Qual è la tua idea di condivisione/differenziazione?
“La condivisione risponde a un principio di comunità nella misura in cui avvicina aspetti differenti e rende collettivo, rende pubblico, quello che prima non lo era. È quindi un passaggio fondamentale. La differenziazione deve esserci sia prima sia dopo. Prima perché non dobbiamo appiattire le differenze tra diversi bisogni, persone e territori. Dopo perché arricchisce il fare insieme di specificità. Tenere insieme condivisione e differenziazione significa coltivare le migliori energie mettendole a disposizione di un percorso comune che è la mia frazione, il mio Comune, il mio territorio, la comunità allargata nella quale vivo. Tenere la differenziazione dentro la condivisione ci permette di occuparci della realtà in tutta la sua complessità. Penso che la differenziazione sia una ricchezza se è tenuta insieme, altrimenti diventa individualità e quindi conflitto”.
Che idea hai delle Politiche di Pari Opportunità?
“Credo che le politiche di pari opportunità debbano essere politiche che incidono maggiormente sulla vita quotidiana delle persone. In particolare considero centrale la questione del lavoro. Come amministratore locale, non potendo incidere su leggi e norme generali, penso a Servizi che permettano una reale pari opportunità di accesso al lavoro per uomini e donne, come, per esempio, l’ampliamento dei Servizi di pre-post scuola. Non ci possiamo fermare solo al linguaggio di genere, il linguaggio serve a costruire una consapevolezza della differenza sicuramente necessaria, ma, per dirla con Marx, la struttura è sempre più importante della sovrastruttura”.