Marilena Lenzi
Assessora Pari Opportunità
Comune di Sasso Marconi
Presentazione
Tutta la mia vita è sempre stata una sfida, qualcosa di cui non mi sono mai voluta perdere niente, perché ho la convinzione che te la devi giocare tutta, la sicurezza di fondo che non rimarrò mai a piedi, anche se ci sono rimasta tante volte. Ma credo nella forza di rialzarsi, di farcela, di ripartire. Credo che tutto sia bello, che tutto faccia parte del pacchetto. Se qualcosa va storto, lo prendo per quello che è. Non ci rinuncerei per nulla al mondo, perché della vita non voglio perdere niente. Non ci sono ritagli, non ci sono scarti.
Marilena Lenzi nasce a Bologna il 20 aprile 1956.
Nel 1970, per esigenze di lavoro del padre, che è camionista, la famiglia si trasferisce a Sasso Marconi. La mamma è casalinga e, oltre a Marilena, c’è una sorella più piccola.
Sono due i segni più nitidi che Marilena conserva della sua famiglia di origine. “La grandissima disponibilità di mia mamma, sempre sorridente, il senso del servizio e del bene comune, la capacità di fare da mediatrice in tutte le situazioni, di inventarsi di tutto perché in famiglia le cose filassero. E il senso del dovere di mio babbo, la possibilità di ottenere con il sacrificio risultati importanti. Era un uomo capace di lavorare anche sedici ore al giorno, per la famiglia, per permetterci di studiare, senza farlo mai pesare, e senza usarlo come un ricatto nei nostri confronti. E poi la sua capacità di reinventarsi. Lui, che non aveva mai cucinato in vita sua, morta la mamma, faceva l’arrosto di agnello proprio come lo faceva lei, l’aveva osservata in tutti gli anni del loro matrimonio e lo rifaceva uguale. Il suo modo molto concreto di stare al mondo, il suo attaccamento alla realtà e la sua capacità di imparare dalla vita. E poi una grandissima dignità nella sofferenza”.
Due testimonianze dalle quali Marilena apprende molto. “Il modo di porsi rispetto agli altri, soprattutto, il rispetto e il senso del valore di ogni persona. Da mio padre in un modo e da mia madre in un altro”.
A Sasso Marconi la famiglia arriva a dicembre e Marilena è inserita a metà anno scolastico nella terza media del paese.
“All’inizio ero piuttosto sul disperato, ma nel giro di pochissimo tempo avevo trovato un mondo anche più coeso di quello della città… Poi è successa la cosa che ha cambiato tutta la mia vita”.
Oltre alla scuola Marilena inizia a frequentare la parrocchia di Sasso Centro e lì un gruppo di giovani che, sotto la guida del cappellano, Don Carlo Cenacchi, è impegnato in una serie di attività tra le quali la produzione di un giornale, Presenza, che promuove, cura e pubblica ricerca sociale.
“Il giornale aveva varie sezioni: culturale, sportiva, politica. Io facevo parte della sezione cultura, che era costituita da un gruppo tutto femminile. Con il gruppo cultura facemmo una ricerca sul livello di istruzione della popolazione di Sasso Marconi andando a riprendere dalle liste elettorali i titoli di studio di tutti gli elettori e facendo una classificazione. Era il 1971, e c’era ancora un numero considerevole di analfabeti”.
Il CSI (Centro Sportivo Italiano) è stato l’altro elemento aggregante della parrocchia. Gratuitamente, quindici-sedicenni si occupavano di ragazzini appena più piccoli dedicando gran parte del loro tempo alla animazione nei Centri di Formazione. “Non lo chiamavamo neanche volontariato, ci andavamo e basta, e il nostro motto era: Sport per Tutti, Sport Servizio Sociale”. Quando, per una scelta di coerenza, il gruppo decide di eleggere un proprio membro a Presidente del CSI parrocchiale, la parrocchia richiama i giovani all’ordine cercando di intimare il rispetto delle autorità e di negare ogni autonomia. Ma il gruppo è ormai forte della propria esperienza e a nulla vale neppure l’allontanamento del cappellano che li aveva sostenuti. Via via tutti si alternano alla Presidenza e rimangono un riferimento per i ragazzi più giovani.
E questa resistenza segna la via di un percorso ancora più radicale.
“Quando alcuni del gruppo decidono di sposarsi, chi con i soldi propri, chi chiedendo un aiuto ai genitori, acquistiamo insieme un podere, il podere Isola, in località San Lorenzo di Sasso Marconi”.
È il 1973 e al podere Isola cominciano a vivere le coppie sposate, ognuna in un miniappartamento e chi non è sposato ci passa tutta la giornata tornandosene a casa solo per dormire. “In estate neppure per dormire. Avevamo una camerata per le ragazze e una per i ragazzi e stavamo là anche a dormire. E una grande sala per mangiare insieme. Quando c’eravamo tutti eravamo circa trenta persone”.
Con i fondi della Legge sull’occupazione giovanile del 1977 (285) il gruppo fonda la cooperativa Isola che produce e vende al mercato del martedì di Sasso Marconi i propri prodotti agricoli e poi acquista e gestisce due negozi, una latteria e una drogheria con cui si mantiene.
Quando Marilena si sposa (1985) va a vivere stabilmente al podere Isola dove intanto hanno cominciato ad arrivare i figli. Il primo negli anni Ottanta e poi, via via, tutti gli altri. Nel momento di massima espansione ce ne sono circa dieci, più quelli delle persone che non vivono lì stabilmente ma che ci stanno tutto il giorno.
“All’Isola avevamo delle parole importanti: condivisione, disponibilità, coralità, responsabilità. Mi sono rimaste nell’accettazione di tutte le diversità, perché vivere dieci anni con persone che in parte ti sei scelto e in parte no, è stato molto formativo; un grande lavoro di limatura sul proprio carattere, di confronto, di mediazione, di meditazione”.
Il lavoro all’Isola è stato il principale elemento di condivisione. “Era un lavoro molto duro. Cercavamo di fare i contadini, ma non è un mestiere che puoi improvvisare, e all’inizio facemmo anche molti errori”. Ma l’impegno e la tenacia scandiscono il senso della vita comune. “Quando oggi qualcuno mi parla della fatica che fa per guadagnarsi il pane, lo capisco molto bene, e allora capii molto bene anche mio padre, i suoi sacrifici e il suo senso di famiglia”.
Un altro elemento unificante è quello spirituale. “Vicino alla sala grande avevamo una cappellina dove chi voleva poteva andare a pregare o a meditare. Chiunque. Cattolici e non cattolici, credenti e non credenti, praticanti e non praticanti. Nel gruppo non tutti erano battezzati, così come non tutti avevano le stesse idee politiche, ma c’era un grande rispetto di tutti per tutti”.
La condivisione è anche quella di sostenere un giovane del gruppo nei suoi studi. “Nella primavera del 1972 una parte del gruppo parte per Gerusalemme, dove va a lavorare in un ospizio per anziani, provvedendo in tal modo in parte al proprio vitto e alloggio, in parte a pagare un corso di ebraico a uno dei compagni. Ci alzavamo alle quattro e lavoravamo tutta la mattina, poi il resto del giorno lo passavamo tra mercati e liturgie, in un paese appena segnato dalla guerra dei sei giorni, in un clima di attentati e di sospetti dove erano all’ordine del giorno perquisizioni e arresti e dal quale non era per niente facile far arrivare notizie a casa”.
E condivisione è, ancora, un’adesione piena e consapevole al tutto intero della propria vita.
“Tutta la mia vita è sempre stata una sfida, qualcosa di cui non mi sono mai voluta perdere niente, perché ho la convinzione che te la devi giocare tutta, la sicurezza di fondo che non rimarrò mai a piedi, anche se ci sono rimasta tante volte. Ma credo nella forza di rialzarsi, di farcela, di ripartire. Credo che tutto sia bello, che tutto faccia parte del pacchetto. Se qualcosa va storto, lo prendo per quello che è. Non ci rinuncerei per nulla al mondo, perché della vita non voglio perdere niente. Non ci sono ritagli, non ci sono scarti”.
L’esperienza comunitaria sopravvive fino ai primi anni Novanta quando, per ragioni diverse, il gruppo si disperde. Marilena, suo marito e la prima figlia, Margherita (1988) sono gli ultimi a lasciare il podere.
“L’impegno lavorativo mi assorbiva completamente e aveva ribaltato la mia scala di valori. La nascita di mia figlia e la morte di una zia mi aiutarono a ristabilire un ordine di priorità, a capire cosa doveva venire prima e cosa dopo, e che la mia famiglia era, in quel momento, la cosa più importante”.
Lasciata l’Isola Marilena si trasferisce con il marito e le figlie (1988, 1992) prima a Marzabotto, poi a Sasso, poi in località Fontana dove tuttora vive.
Il percorso di studi di Marilena si svolge sostanzialmente a Bologna. Elementari e medie al quartiere Murri, metà dell’ultimo anno di medie a Sasso Marconi dove, con un tema di italiano, vince una borsa di studio che le garantisce l’acquisto dei libri di testo e il rimborso dei trasporti per tutti gli anni delle superiori. Iscritta al Quarto Istituto di Bologna per Ragionere e Corrispondente in lingue estere, studia per cinque anni francese e tedesco. “Quella scuola mi faceva cagarissimo, ma allora sembrava che si dovesse studiare per andare immediatamente a lavorare e la ragioneria era una materia che ti consentiva di trovare un lavoro sicuro. Mio padre riteneva che fare le superiori fosse già sufficiente e che dopo avrei dovuto andare a lavorare”.
In realtà, dopo il diploma, Marilena si iscrive all’Accademia di Belle Arti, mentre l’esperienza dell’Isola è già cominciata, e anche il lavoro. “Quelli dell’Accademia sono stati quattro anni bellissimi, tra i più belli della mia vita. Ci andavo anche quando non era obbligatorio. Quello che studiavo era molto intenso, interessante, coinvolgente ed era bellissima l’occasione che questa formazione mi dava, di confrontarmi con gli altri. E intanto c’era l’Isola… da dove uscivano e dove entravano tutte le cose che facevo”.
Marilena comincia a lavorare all’età di quattordici anni, durante l’estate, in un negozio di alimentari come commessa, poi successivamente alla COOP e poi come educatrice nelle colonie estive, con la Cooperativa CARI, fino a diventare coordinatrice degli educatori e referente per i progetti. “Intanto studiavo”. Finiti gli studi si impiega come assistente dentista part time e intanto cura le illustrazioni di alcune pubblicazioni di botanica per la Regione Emilia Romagna e le Facoltà di Agraria e di Botanica dell’Università di Bologna.
“Quando compriamo le licenze per i negozi decido di piantare tutto lì e comincio a lavorare sia nei negozi che nel podere. Mi occupavo, insieme a tutti, della produzione agricola e andavo a vendere al mercato, ogni martedì mattina, con il camion che bisognava caricare, guidare e parcheggiare al pelo tra i due banchi confinanti. Poi, per diversi anni, ho lavorato nella latteria come commessa”. Conclusa l’esperienza dell’Isola, Marilena lavora come impiegata in una ditta del territorio, fino alla nascita della seconda figlia. Infine conosce l’Associazione Senza il Banco, e lavora nei centri estivi e nelle attività extrascolastiche del territorio.
Con l’incarico amministrativo lascia il lavoro per dedicarsi a tempo pieno alla politica.
Al confine tra lavoro e ricerca esistenziale si colloca l’esperienza artistica di Marilena che si esprime nel disegno, nella pittura e nella creazione di oggetti d’arte. “Dipingere è per me un bisogno profondo, un modo di stare al mondo, il mondo parallelo del dialogo con me stessa, della pace con me stessa. È un modo per mettere a fuoco le cose in cui credo, ma anche un modo per comunicare con gli altri, per condividere le mie intuizioni, le mie razionalizzazioni. Se non dipingo vuol dire che sto molto, molto male. Vuol dire che sono mezza morta, o circa così. Potrei arrivare a piangere se non riuscissi farlo”.
Marilena prende la tessera del Partito Democratico nel 2008. Propostasi ai referenti del PD della frazione di Fontana, viene candidata nelle liste delle amministrative 2009 ed è eletta come consigliera comunale. “Mi sono proposta anche per dare un esempio, perché penso che non si possa solo criticare, che sia necessario fare qualcosa, che ci si debba assumere la responsabilità di sporcarsi le mani. Ero animata da uno scopo educativo, non avrei mai previsto di arrivare fino alla carica di Assessora”. Assessora con delega alle Politiche Educative e di Pari Opportunità dal 2009 al 2014 si ricandida alle elezioni del 25 maggio 2014 nella lista del Sindaco uscente Stefano Mazzetti e viene eletta. “Ho deciso di ricandidarmi per dare continuità a un percorso avviato nella consapevolezza che la politica è un servizio per gli altri”.
Attualmente Marilena Lenzi è Assessora con delega alle Politiche di Pari Opportunità, alle Politiche Educative, alle Politiche Giovanili, Politiche della Cooperazione e alle Politiche del Personale ricopre anche la carica di Vicesindaco.
Autovalutazione
Quando un problema è un vero problema, le soluzioni non sono mai né immediate né facili, e quindi la pretesa di risolvere tutto in poco tempo non è seria. Per risolvere i problemi bisogna liberarsi prima di tutto da quelle che sono le aspettative di soluzione di chi te li pone, poi bisogna ponderarli da più punti di vista, e infine scegliere quella soluzione che può essere anche impopolare, ma che è la migliore in quel momento. Dopo di che, bisogna fare seguire alle parole gli atti. Con coerenza. Ed è quella la parte più impegnativa.
Quanto senti politicamente di riuscire a mantenere e consolidare relazioni?
“Consolidare una rete di relazioni con le persone e gli organismi con cui sono in contatto, e anche mettere in relazione queste persone e questi organismi tra loro, è il progetto concreto che intendo sostenere. La coesione sociale, la valorizzazione delle esperienze associative, la formazione dei ragazzi e dei giovani… in questo lavoro di costruzione di rete, di comunità… sta al centro della mia esperienza politica. Con il dialogo, il confronto, il senso critico, la tolleranza, agiti ogni giorno nelle diverse occasioni, si possono elaborare progetti politici attenti alle esigenze delle persone e del loro vissuto”.
Quanto senti politicamente di riuscire a gestire conflitti?
“Quando ritengo di avere ragione sono molto ferma e molto severa e non mi si schioda. (Mia figlia piccola, scherzando con i suoi amici, mi chiama la iena…) Caratterialmente arriverei presto a conclusione, ma ho imparato a dominarmi e politicamente sono ancora in una fase di mediazione e di prudenza perché sento che il mio ruolo non è ancora consolidato. Però, se penso che qualcosa sia giusto, ci arrivo in fondo, senza mollare”.
Quanto senti politicamente di riuscire a comunicare?
“Anche quello della comunicazione è un percorso. Comunichi qualcosa, e sei credibile, nella misura in cui quello che sei e che fai è credibile, è coerente e per questo degno di fiducia”.
Quanto senti politicamente di riuscire a risolvere problemi?
“Quando un problema è un vero problema, le soluzioni non sono mai né immediate né facili, e quindi la pretesa di risolvere tutto in poco tempo non è seria. Per risolvere i problemi bisogna liberarsi prima di tutto da quelle che sono le aspettative di soluzione di chi te li pone, poi bisogna ponderarli da più punti di vista, e infine scegliere quella soluzione che può essere anche impopolare, ma che è la migliore in quel momento. Dopo di che, bisogna fare seguire alle parole gli atti. Con coerenza. Ed è quella la parte più impegnativa”.
Quanto peso politico senti di avere?
“Credo di aver messo giù le carte giuste per avere credibilità e peso, ma si deve dimostrare uno spessore. Il tuo peso politico devi guadagnartelo”.
Quanta leadership senti di avere?
“Questa è stata sempre una sicurezza. Credo che sia una delle mie caratteristiche migliori, la capacità di far convergere le persone e di motivarle verso degli obiettivi condivisi”.
Riflessione
Per fare sovracomunalità bisogna trovare un sistema di confronto sugli indirizzi e sulle azioni. Un metodo. Trovo che il metodo di Commissione Mosaico sia vincente nella costruzione della sovracomunalità tra i nostri territori, perché ha sempre curato non solo il pezzo importantissimo del confronto, ma anche quello della restituzione. Siamo sempre stati tutti al corrente di tutto, con grande puntualità e in modo approfondito.
Qual è la tua idea di sovracomunalità?
“Per fare sovracomunalità bisogna trovare un sistema di confronto sugli indirizzi e sulle azioni. Un metodo. Trovo che il metodo di Commissione Mosaico sia vincente nella costruzione della sovracomunalità tra i nostri territori, perché ha sempre curato non solo il pezzo importantissimo del confronto, ma anche quello della restituzione. Siamo sempre stati tutti al corrente di tutto, con grande puntualità e in modo approfondito”.
Qual è la tua idea di sussidiarietà in rapporto?
“Penso che sia la valorizzazione degli elementi migliori di un territorio e la loro restituzione perché ne possano usufruire tutti. Se uno è debole da una parte e uno è forte da un’altra, il punto di debolezza può essere messo in relazione al punto di forza. E così viceversa, con uno scambio a circolo”.
Qual è la tua idea di solidarietà?
“La solidarietà penso che sia una grande attenzione a fare in modo che tutti abbiano gli stessi diritti. Però anche una grande attenzione a che tutti applichino correttamente i parametri per questi diritti. Non si tratta di un’elargizione, ma di un ideale, di un valore, che per non scadere nella carità, deve essere responsabilmente misurato, molto sobrio, e sempre molto attento ai percorsi individuali, promotore di progresso e di cambiamento e non una forma di assistenzialismo”.
Qual è la tua idea di omogeneità?
“Come il minimo comune multiplo. Dare a tutti la possibilità di arrivare a un livello di dignità che sia minimo e uguale dappertutto”.
Qual è la tua idea di condivisione/differenziazione?
“Le condivisioni e le differenziazioni debbono partire da una conoscenza profonda del proprio territorio e delle sue peculiarità. Avere chiaro lo scopo, perché fai cosa, e mantenerlo chiaro, senza che si annacqui o si confonda. E poi differenziare. Mentre la condivisione va fatta per tutte quelle che sono le idee di futuro comune sui progetti, sui valori generali, la differenziazione è come li declini su ogni parte del tuo territorio. Per cui ci sta che quello che va bene in un posto non vada bene in un altro e che si facciano cose diverse che però rispondono a un medesimo obiettivo”.
Quanto senti significative e incisive le Politiche di Pari Opportunità all’interno di ASC InSieme?
“Valorizzando l’esperienza distrettuale di Commissione Mosaico, attraverso lo strumento del bilancio Genere Genesi Generazioni, si è data concretezza al tema della parità, che è diventata un elemento di distinzione ed eccellenza all’interno di ASC InSieme. Questa attenzione, e la professionalità dei tecnici di ASC InSieme, permette a noi politici di analizzare e di programmare in modo più consapevole e appropriato i Servizi rivolti ai nostri cittadini, rispettando la storia della loro vita, il loro contesto sociale, le fragilità e i bisogni che vengono espressi”.